Già sfruttato fin dall'epoca della Magna Grecia (VII secolo a.C.) il bosco di Stilo divenne una risorsa strategica per lo sfruttamento e lavorazione del ferro del più grande bacino minerario (ferro soprattutto) dell’Italia meridionale. Di dominazione in dominazione, pur con fasi alterne, l’estrazione e la lavorazione del ferro (estratto dalle viscere dei monti Stella e Consolino), proseguì fino all'unità d’Italia. Timidi tentativi di ripresa si ebbero nell'immediato dopoguerra, ma, nonostante le buone premesse, non se ne fece niente.
Il comprensorio delle serre vide prima la nascita delle “ferriere itineranti”, poi lo sviluppo di veri e propri poli industriali per la fusione e lavorazione del ferro, ed infine il loro declino.
Il vecchio villaggio siderurgico di Chiesa Vecchia fu costruito, probabilmente nel XV secolo, nel Bosco di Stilo attorno alla fonderia che ospitava un altoforno a “manica”. Nel villaggio abitavano da 200 a 300 persone. Il villaggio fu abbandonato probabilmente dopo la realizzazione del polo di Mongiana.
Negli stessi luoghi, nel 1789 si cominciò a costruire il complesso di Ferdinandea, che doveva affiancare il polo di Mongiana. Il complesso occupava 15.000 metri quadrati. Oltre alla fonderia, composta da 4 fabbricati, e l'altoforno vi era anche la residenza amministrativa, carceri, alloggio per i soldati e una chiesa. In occasione della visita di Ferdinando II le fu assegnato questo nome.
Il complesso della Ferdinandea fu venduto all'asta come pertinenza di Mongiana nel 1875 al garibaldino Achille Fazzari, il quale, anche per le mancate commesse del governo unitario, dovette cessare l’attività siderurgica, e concentrarsi sulla gestione dei boschi per trarre legname. Nel 1892 fece realizzare a Ferdinandea una centrale idroelettrica da utilizzare per l’illuminazione delle segherie. Successivamente la società (Società Idroelettrica Cino Canzio), che aveva sede a Mongiana, dava forza motrice alle segherie ed forniva energia elettrica ai comuni di Mongiana Fabrizia e serra San Bruno, e, dal 1910, la fabbrica di cellulosa di Santa Maria.
La Ferdinandea passò poi nelle mani della Banca d’Italia, poi alla Società Immobiliare Calabra che oltre all'attività agricola e forestale realizzò a partire dal 1926 l’impianto idroelettrico del Marmarico per sfruttare il dislivello di oltre 600 metri che la fiumara Stilaro affronta nel volgere di qualche chilometro. Inizialmente l’impianto era costituito da due sbarramenti (torrenti Stilaro e Ruggero), ed una condotta forzata unica che arrivava fino in centrale, a 600 metri più in basso. Successivamente per regolarizzare la produzione è stata realizzata una piccola diga in cemento ed una centralina termoelettrica.
Dopo che, nel 1973, l’impianto idroelettrico (già danneggiato da un’alluvione) venne nazionalizzato, la SIC cedette anche le altre attività. Attualmente il bosco e gli edifici di Ferdinandea sono privati.
Nella parte più intatta del Bosco di Stilo è stata realizzata ora un’area protetta (Sito di Importanza Comunitaria IT9350121). La specie più peculiare è l’abete bianco (Abies alba) che date le condizioni climatiche prospera e raggiunge proporzioni imponenti.